REPORT 2023

Prefazione

Carlo Bartoli
Presidente Consiglio Nazionale Ordine dei Giornalisti

Con il web vi è la possibilità di accedere ad una infinità di fonti di informazione, a una molteplicità di strumenti, piattaforme, canali. Una multiformità di opportunità in continua evoluzione. L’ecosistema digitale offre la possibilità a tutti di parlare a tutti, o almeno offre questa illusione. Ognuno può cercare un palcoscenico per dire la propria, così come milioni di soggetti riversano nel web e nei social materiali informativi di ogni tipo.

Senza disconoscere le grandi opportunità della rete, non possiamo ignorare gli effetti distorsivi che avvengono sui social media. Viviamo in un gigantesco mercato mondiale dei dati personali gestito dalle grandi piattaforme che sfuggono, di fatto, a qualsiasi regola, perfino di natura fiscale.

In questo quadro, l’informazione professionale assume una nuova importanza, il giornalismo può costituire un punto di riferimento per offrire serietà e trasparenza. Per questo il giornalista, nella nuova dimensione della comunicazione digitale, deve avere ancora più attenzione ai propri doveri: verifica rigorosa delle fonti, continenza nel linguaggio, accuratezza della narrazione, rispetto della persona.

Da qui la necessità di un Osservatorio su questa realtà mutevole e in continua trasformazione. Uno strumento operativo e scientifico che rafforzi la “cassetta degli attrezzi” dei giornalisti. Vanno comprese le dinamiche degli algoritmi, anche nelle fasi di produzione delle news giornalistiche. Va osservata e capita l’intelligenza artificiale che si sta affacciando nelle redazioni e ben presto sarà disponibile a chiunque voglia elaborare testi di carattere giornalistico.

Ci sono nuove creature nell’universo digitale che vanno monitorate in quanto, come accaduto per i social media, diventano estensioni della realtà quotidiana, con interazioni a tutti i livelli. Penso, ad esempio, al Metaverso la cui evoluzione è tutta da vedere. Certamente, se dovesse espandersi, occorrerà traslare in esso, nei modi opportuni e se e dove possibile, le buone pratiche del giornalismo. Certamente deve valere la regola universale per il mondo digitale: non possono essere le piattaforme a decidere chi è giornalista e chi no.

Detto questo occorre riposizionare la figura del giornalista rispetto ai nuovi scenari che si sono aperti. Non credo lo si possa più definire in relazione al canale o alla piattaforma o alla tipologia di testata dove opera (uso questo termine e non più “scrive”). Oggi il giornalista si definisce per il lavoro che fa. Vediamo realizzarsi, almeno dal punto di vista delle modalità di lavoro, lo slogan “giornalista è chi il giornalista fa”. Il punto, quindi, non è tanto andare ad individuare i profili tecnologici – operazione comunque utile e importante – ma individuare e qualificare il prodotto giornalistico nei tanti ambiti digitali.  Chi decide di aderire all’etica e alla deontologia del giornalismo nonché alle regole della professione, deve essere accolto nella nostra comunità e aderire ai nostri principi e ai nostri valori. Altrimenti, l’unico riferimento è il guadagno, senza alcuna attenzione alle conseguenze del proprio operare.

Ovviamente non vedo come un “influencer” possa entrare nell’Ordine visto che questi svolgono attività di puro marketing. Discorso diverso quello dei social media manager: alcuni operano in una dimensione di marketing, altri in una dimensione giornalistica e questi ultimi sono una risorsa ormai centrale per le redazioni; lo stesso vale per youtuber, videomaker e altre figure. Non serve attardarsi nel classificare e sezionare le competenze digitali, la questione sta a monte: si svolge informazione professionale aderendo ad un’etica e rispettando le regole deontologiche?  È qui lo spartiacque per chi fa il giornalismo e chi fa altro. Possiamo dire che il diaframma che a lungo ha tenuto separati il mondo della comunicazione da quello dell’informazione, sta diventando sempre più sottile, ma non per questo meno decisivo.

Durante gli anni del Covid vi è stato un fenomeno molto significativo. Diverse ricerche universitarie hanno rilevato, durante la pandemia, un sostanziale incremento degli utenti del web che si sono rivolti alle fonti giornalistiche certificate ed a quelle istituzionali. Un segnale forte di fiducia a fronte del dilagare di fake news e manipolazioni soprattutto nel mondo dei social media. Credo si tratti di una indicazione da non far cadere, anche perché non sappiamo ancora se si tratta di un trend di lunga durata o di un sussulto causato dalle fratture della pandemia. Giornalisti e comunicatori istituzionali lo dovrebbero tenere ben presente per migliorare continuamente la qualità dell’offerta.

È in questi contesti che il giornalismo professionale deve fare il massimo sforzo per mostrare il valore della qualità dell’informazione, che significa verità sostanziale dei fatti, rispetto delle persone, approccio etico e pluralismo; al di là della piattaforma su cui si svolge l’attività.

In questo quadro l’Ordine assume una importanza ancora maggiore proprio a fronte del continuo mutare degli scenari dell’informazione e della comunicazione. Anche a livello europeo sta crescendo un dibattito sulla necessità di avere organismi di rappresentanza autogestiti e ben riconosciuti per tutelare l’autonomia e l’indipendenza dell’informazione.

L’Ordine italiano può rappresentare un esempio in questo senso, a patto che il Parlamento si risolva ad approvare un drastico aggiornamento delle norme riguardanti la professione giornalistica.

Non possiamo restare fermi alle regole di sessanta anni fa.

Il mondo dell’informazione cambia velocemente ed è nostro dovere cercare di essere al passo dei tempi per garantire il diritto dei cittadini ad informare ed essere informati, quella “missione” che ci viene affidata dall’articolo 21 della nostra Carta Costituzionale, i cui valori costituiscono il punto di riferimento della nostra professione.

Carlo Bartoli, giornalista professionista, è presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti e membro del consiglio di amministrazione della Fondazione Murialdi per il giornalismo.

Insegna Comunicazione giornalistica presso il dipartimento di Civiltà e forme del sapere dell’Univesità di Pisa.

Ha scritto il libro “Introduzione al giornalismo” e  “L’ultimo tabù”, un libro che indaga le modalità con cui media,bloggers e utenti dei social media comunicano e commentano i suicidi ed ha contribuito al volume “Etiche applicate” a cura di Adriano Fabris.

Dal 2010 al 2021 è stato presidente dell’Ordine dei giornalisti della Toscana e dal 2018 al 2021 presidente della Fondazione dell’Odg toscano. Per due mandati è stato consigliere generale dell’lnpgi. In precedenza  presidente dell ‘ Associazione stampa toscana (2001-2006) e componente del consiglio nazionale della Federazione nazionale della stampa e della Commissione contratto.

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