Incontro promosso dall’Ordine dei Giornalisti e dal Consiglio Nazionale Forense. Salvi “le Procure hanno il dovere di comunicare”; Masi “serve bilanciamento dei diritti”; Bartoli “non si possono bloccare le notizie”.

Informare non è un diritto del magistrato, è un dovere. Un diritto della collettività ad essere informati attraverso i mediatori, i giornalisti. Il magistrato che svolge una funzione pubblica ha il dovere di rispondere ad una richiesta di informazioni. lo deve fare in forma corretta, non privilegiata, attraverso le modalità già individuate dalla circolare del Csm del 2018“. Lo ha dichiarato il procuratore generale della Cassazione, Giovanni Salvi, intervenendo al convegno dal titolo “Presunzione d’innocenza: rispetto della dignità delle persone senza bavagli ai giornalisti. Alla ricerca di un giusto equilibrio tra due diritti costituzionalmente garantiti”, organizzato dall’Ordine nazionale dei giornalisti assieme al Consiglio nazionale forense, a Roma, il 15 giugno, per discutere sull’applicazione del decreto 188 del 2021, con cui di fatto viene limitata la conoscibilità delle notizie relative alle indagini disponendo che siano soltanto i procuratori a poter comunicare, e solo attraverso comunicati o conferenze stampa.

Salvi ha sostenuto di non condividere il fatto che sia il procuratore a dover individuare ciò che è di interesse pubblico o meno. “Lo può fare, ma non deve essere l’unico canale di comunicazione – ha dichiarato – Non può essere dato al procuratore il potere di stabilire ciò che è di interesse pubblico, ciò che interessa all’opinione pubblica. Questo lo può dire colui che gestisce l’informazione, che dovrà avere di conseguenza dall’autorità pubblica le informazioni necessarie. Deve averle in forma corretta, ma Il fatto che ci sia correttezza non significa che si debba incanalare attraverso meccanismi estremamente rigidi quali quelli indicati dalla legge, che possono avere l’effetto di stimolare il ricorso a canali occulti“. Il procuratore generale della Cassazione ha anche sottolineato come sia pacifico che ai giornalisti vengano fornite le ordinanze di custodia cautelare.

Il dibattito, introdotto dall’avvocato Giuseppe Sacco e dal giornalista Gianluca Amadori,  è stato condotto dal giornalista del Corriere della Sera, Luigi Ferrarella e dall’avvocato Piero Melani Graverini, componente del Consiglio nazionale forense; hanno partecipato alla discussione il  presidente del Consiglio nazionale forense, l’avvocatessa Maria Masi, e il presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti, Carlo Bartoli.

Giovanni Salvi ha quindi aggiunto che “la tutela della dignità della persona, imputato o vittima, è un obiettivo fondamentale.” E che lo sforzo di attuazione della normativa riguarda i tre principali soggetti – magistrati, avvocati e giornalisti – che devono mettersi assieme, discutere per trovare il modo di evitare i danni provocati dal processo mediatico.

La presidente del CNF Maria Masi ha spiegato che il decreto sulla presunzione d’innocenza, che ha recepito una direttiva europea, rappresenta l’esigenza di tutelare la dignità delle persone che non possono e non devono essere indicate come colpevoli fino a sentenza definitiva di condanna; esigenza che si fa sempre più pressante a fronte delle derive dell’informazione spettacolo e del processo mediatico. “Dovremmo avere la certezza del diritto – ha affermato Masi –  ma a volte, con eccesso di legiferazione, accade esattamente il contrario. Abbiamo diverse perplessità sul provvedimento, in particolare nella fase attuativa e quando si tratta di notizie che vanno in contrasto con la specifica dell’”interesse pubblico”.  Vi è quindi la necessità del bilanciamento dei due principi, libertà di informazione e presunzione di innocenza”.

Il presidente del Cnog Carlo Bartoli ha espresso una critica netta al provvedimento “il decreto sembra appartenere ad una stagione del passato, analogica. A volte, quando dialogo con alcuni interlocutori politici, sembra che la macchina del tempo si sia fermata. E’ inaccettabile pensare oggi di poter  bloccare le notizie”.

Ed ha poi sottolineato come, nel mondo della comunicazione digitale, spesso senza alcuna intermediazione, l’unica possibilità per difendere la dignità delle persone non è quello di nascondere le notizie, cosa impossibile, ma di darle nella maniera completa e corretta, e per questo motivo è necessario il ruolo dell’informazione professionale, ossia dei giornalisti. “Oggi non è più applicabile la similitudine ‘gogna mediatica uguale a stampa’, l’ecosistema digitale si muove ad una velocità tale per cui solo l’informazione professionale può ripristinare la verità sostanziale dei fatti, e occorre farlo anche in maniera tempestiva.”  Infine una indicazione operativa “Le Procure devono dotarsi di uffici stampa professionali” ha dichiarato il presidente dell’Ordine dei giornalisti, raccogliendo la disponibilità del PG della Cassazione che ha ribadito come anche i magistrati “devono migliorare il modo di comunicare.”

Salvi ha stilato lo scorso aprile un documento contenente gli Orientamenti applicativi del decreto al quale è auspicabile che si ispirino tutti i procuratori della repubblica italiani, anche quelli che fino ad oggi proseguono in una linea di chiusura e limitazione del diritto dei cittadini ad essere informati su quanto accade nei Palazzi di giustizia.

STAMPA QUESTA PAGINA